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Collana Giallo Grano

 II.  Un dirigente molto impegnato.

«Basta chiacchiere» esclamò l’ingegner Tullio Colasanti con improvvisa insofferenza « Bisogna intervenire sui costi elettrici, dottor Quadrelli! E-let-tri-ci! Duiunnò? » aggiunse, ruotando a destra e sinistra la mano vicino all’orecchio.
Seduto dall’altra parte della scrivania il Vice Direttore tacque, raggelato.
Da un quarto d’ora si sforzava di argomentare, pacato e puntiglioso, le difficoltà a raggiungere una "ottimizzazione del 10% dei costi di produzione", come imposto dalla Direzione Centrale e prontamente trasferitogli dal Direttore nominandolo "capo progetto". Fuor di metafora l’incarico significava che, in caso di insuccesso, sarebbe stato lui il capro espiatorio.
Silvio Quadrelli, magro, pelato e di bassa statura, cercava di rimediare alla mancanza di “fisique du rol” vestendo con impeccabile eleganza: completi grigi o azzurri di ottimo taglio, camicie candide e cravatte sobrie ma di gusto.
Sempre preciso e controllato, coi subordinati era inflessibile e tagliente.
Nei riguardi di Colasanti nutriva un palese complesso di inferiorità. L’ingegnere racchiudeva tutto ciò che avrebbe voluto essere e, non riuscendolo a diventare, ne soffriva profondamente. Non era solo una questione estetica, anche se da questo punto di vista il Direttore lo sovrastava.
Quarantenne aitante, sempre abbronzato, Colasanti vestiva con spontanea classe disinvolti abiti sportivi. A prima vista lo si sarebbe scambiato, vista la vicinanza di quella mondana zona costiera, per il tipico "cucador" versiliese.
Benché a Colasanti piacessero senz’altro le belle donne e queste ricambiassero, era un errore credere che il vizietto del "tombeur de femmes" offuscasse le sue capacità manageriali.
Non per caso pur così giovane aveva già raggiunto il grado di Direttore di Cementeria, miraggio lontano per Quadrelli nonostante i dieci anni di carriera in più.
Colasanti sul lavoro era determinato e positivo. Non si limitava a dare ordini, ma dimostrava di averli attentamente soppesati. Se sbagliava, era pronto a riconoscerlo. Per la competenza e l’innato colpo d’occhio, gli accadeva di rado.
In quel caso aveva capito al volo l’area d’intervento più redditizia per soddisfare il “target”, calato dalla Direzione Centrale, di contenere in modo corposo i costi di produzione e che, in soldoni, significava: “avete margini per risparmiare: fatelo!”.
Risuonò, inopportuno, lo squillo dell’interfono.
Colasanti alzò gli occhi al cielo con impazienza. Premette il pulsante del viva voce e «Signorina Giampedroni!» apostrofò brusco la segretaria «Non le avevo detto che non volevamo essere disturbati? Io e il dottor Quadrelli» aggiunse beffardo, altra sua caratteristica più o meno gradevole «siamo intenti a risollevare le sorti della Cementeria!»
Quadrelli non prese nemmeno in considerazione che la frecciata avesse come bersaglio la Direzione di Brescia con le sue direttive vessatorie. Colasanti voleva sfottere lui.
La signorina Mara Giampedroni replicò con la solita voce gentile e sottomessa. «Mi scusi ingegnere, ma ho in linea sua moglie e…»
Colasanti sbuffò, contrariato. «Vabbene… Me la passi»
Meditando sulla scena, Quadrelli la trovò assai indicativa.
In primis del sospetto rapporto tra Colasanti e Giampedroni.
Avevano assunto la giovane, venticinquenne, da circa un anno, appena l’ingegnere s’era insediato come Direttore.
Quadrelli aveva partecipato alla selezione, e mai e poi mai, se fosse dipeso da lui, avrebbe scelto la Giampedroni, quasi del tutto priva di referenze e chiaramente poco adatta al lavoro di segretaria di direzione, che richiedeva abbondanza di garbo, riservatezza ed efficienza.
Di siffatte doti la Giampedroni, a parte forse la riservatezza, che intendeva "ad personam", ovvero dovuta al capo e non all'azienda, non ne possedeva nemmeno l'ombra. Ne possedeva però altre due, quelle che avevano attirato il Direttore: era carina e, a giudicare dallo sguardo d’ammirazione che aveva subito rivolto al futuro capo, sensibilissima al fascino degli uomini maturi, di bell’aspetto e di successo.
Benché i due stessero attenti a non lasciare trapelare nulla, Quadrelli avrebbe messo la mano sul fuoco che tra di loro fosse in atto una liason. La quale si consumava, anche di questo era sicuro, non solo fuori dalla fabbrica, nel tempo libero di entrambi, ma anche, se capitava l’occasione, in quella stanza, trasformata in estemporanea alcova …
Il Vice Direttore sospettava, anzi, che quello fosse il prevalente nido d’amore dei piccioncini.
Colasanti quell’estate godeva di parecchia libertà, visto che l’attuale moglie, la seconda, non abitava con lui nella villetta di campagna in Val di Magra dove risiedevano, ma aveva preferito trattenersi in villeggiatura in montagna col loro figlio piccolo.
Quadrelli aveva la sensazione che Colasanti, ingordo, non stesse accontentandosi di una amante, ma avesse preso nella rete anche un’altra preda, cui si dedicava fuori ufficio. Il suo capo s’intendeva non solo di “ottimizzazione dei costi di produzione”, ma anche di “ottimizzazione delle fidanzate”…
«Ciao Marzia!» esclamò Colasanti nella cornetta, sforzandosi di tenere un tono gioviale «Tutto bene?....Ah, sono contento…No, non stare a chiamare Massimiliano, lascialo giocare, gli parlerò un'altra volta… ammesso che ne abbia voglia…ma no, non era una lamentela, sai che lo adoro…come?» l’ingegnere fece una buffa espressione tra l’offeso e l’incredulo «correre dietro alle gonnelle?... ma che dici mai!... non ho più l’età del rubacuori! Eppoi è un periodaccio, Quadrelli, qui davanti a me, può confermartelo: passiamo tutto il tempo a sgobbare, fino a sera tarda, e dopo abbiamo solo voglia di andare a letto!... da soli, sia chiaro» aggiunse, con una punta di malignità, visto che il suo Vice era scapolo. «Allora ok » concluse « riposatevi e divertitevi, interrompo perché devo proseguire la riunione. » Fece schioccare due baci prima di riattaccare il ricevitore.
Allargò le braccia, malizioso: «Le mogli, caro Quadrelli… Una rottura che lei ha avuto la saggezza di risparmiarsi»
“Ancora!”, pensò l’altro. Avrebbe voluto rispondere a quelle punzecchiature, ma non poteva. Il capo si asseconda e non si contraddice: è la gerarchia aziendale, baby…
Ma prima o poi, non aveva affatto perso le speranze, sarebbe diventato Direttore di Cementeria anche lui, magari proprio, chissà!, per sostituire il brillantissimo ingegner Colasanti. Che scivolasse su una buccia di banana gestionale era improbabile, ma qualche bastone tra le ruote poteva venirgli dalla vita privata. Si sa che i donnaioli rischiano d’incorrere nelle ire dei cornuti privi di fair play… Ed anche la moglie, pur avendola vista di persona una sola volta, a giudicare dalle frequenti telefonate sospettose, non sembrava un tipo malleabile…
“Continua, continua a fare il farfallone, caro ingegnere, e può essere che tra noi ci sia una successione “mortis causa”.
Scacciò subito quel pensiero. Non già perché gli dispiacesse liberarsi di Colasanti ( per onestà doveva ammettere che avrebbe accolto con favore quell’evento, comunque avvenisse) bensì per la consapevolezza che la defezione dell’attuale Direttore non significava di per sé che gli sarebbe subentrato. Capaci, i capoccioni della Direzione Centrale, di mandare un altro giovane astro nascente.
Risquillò l’interfono. Stavolta Colasanti si arrabbiò proprio «Per la miseriaccia, signorina! Capisce o no il significato di “non disturbare?»
«Mi scusi tanto ingegnere! » spiegò la Giampedroni « Ho in linea suo figlio… è molto agitato…»
Al Direttore la collera passò di colpo, sostituita da un amaro senso di sconforto. Il figlio adolescente di primo letto, Giovanni, era la sua croce. Definirlo “difficile” era un eufemismo. Diciamo pure che era viziato, ribelle e insolente. Essere un precoce orfano di madre non giustificava certo quei difetti. Il padre sapeva di avere molte responsabilità. Avrebbe dovuto stargli più vicino. Gli impegni lavorativi non scusavano la sua latitanza, visto che tempo per dedicarsi allo “spulzellaggio” l'aveva trovato. L’ingegnere confidava che il nuovo matrimonio, con la presenza di un fratellino e di una donna forte come la seconda moglie, l'avrebbe aiutato a raddrizzare il ragazzo. In realtà le aspettative sembravano andate deluse, come dimostrava il fatto che in quell’estate la famiglia fosse divisa: padre e figlio grande da una parte, madre e figlio piccolo da un’altra. Una separazione spesso verificatasi anche negli altri periodi dell’anno.
«Cosa c’è?» esordì brusco l’ingegnere, dopo essersi fatto passare il figlio «La colf??» l’uomo si alterò visibilmente «Che ti ha fatto?? Quante volte ti ho detto di lasciarla lavorare in pace? Stattene nella tua stanza o vatti a fare un giro quando lei fa le puglizie…Cosa??? Vedi di non dire scemenze Giovanni….ma figuriamoci!...devi smetterla rimbecillirti con quei cavolo di filmini zozzi che trovi su internet!»
Riattaccò di colpo.
«Problemi?» chiese Quadrelli, dissimulando a fatica il gusto che gli procurava sapere il superiore in difficoltà.
Colasanti aveva troppo bisogno di uno sfogo per preoccuparsi di non assecondare la curiosità malevola del sottoposto. «Non so più come fare... Giovanni mi sta facendo impazzire. Ora s'è messo in testa che la nuova donna delle pulizie è una puttana e lo provoca con atteggiamenti lascivi...»
“Divertente!”, pensò il Vicedirettore “Divertente e interessante…”
«Magari ha ragione » la buttò là con la sua miglior aria ingenua, in realtà cercando conferma a una certa sua idea.
«Ma neanche per sogno!» smentì Colasanti con sospetta categoricità «La signora Bettelani è una donna per bene. Lo sporcaccione è mio figlio»
“Eccola la fidanzata n°2!” si disse il Vice Direttore, trionfante.
Chiunque fosse questa signora Bettelani, e conoscendo le preferenze del capo doveva essere una bella figliuola, l'atteggiamento del figlio rendeva assai torbida la faccenda.
“C'è luce in fondo al tunnel..,” considerò perfido Quadrelli.