Home     Chi siamo     I nostri libri     Collane     Autori

Pubblica     Esordienti     Eventi     Stampa     Contatti


Collana Giallo Grano

Capitolo 1

Dove si è cacciata Mariuccia?


Driiiin... driin... driiiiiiiin!

Ma dove si sarà cacciata? Il fisso trilla a vanvera in guardiola.

Strano, non il solito puzzo di incenso votivo, né il tanfo di aglio fritto. O è schiattata, o è uscita.

All’alba, possibile? Ma va, manca il “torno subito” affisso al vetro.

Sulle scale a pulire non è, altrimenti... Mi sono lasciato inte­nerire da quello sguardo innocuo da Basset-hound e l’ho as­sunta. Fosse stata almeno gnocca, pensa il dottor Crocco.

L’amministratore dello stabile milanese di Via Fiori Oscuri 17 si friziona la fronte concitato. Il fazzoletto madido assorbe sudore e fermento.

L’assenza ingiustificata di Mariuccia, la portinaia, l’ha fatto catapultare giù dal letto, molestato al cellulare dai condomini, proprio mentre stava sognando le curve di Zaira, la cameriera del baretto in fondo alla via.

Che giornata iniziata male, ci voleva anche la neve.

Sento la signorina Simini. Samantha è amica sua, ma sono appena le otto e quella sarà a letto. E se non fosse sola? Seeee, mica se li tiene a dormire i clienti. Appartamento quattro, secondo piano. Quasi quasi salgo e suono. E se mi manda a quel paese, chissenefrega, è un’emergenza, dopo tutto, continua Crocco borbottando tra sé.

Dindon, dindon.

Dindon, dindon.

«Eh, arrivo, arrivo. Ma chi cazzo rompe a quest’ora?» biascica una voce ovattata al di là della porta, pensando che se ci fosse un blitz in atto piomberebbero in casa senza suonare.

Crocco attende irrequieto. Non sa che aspettarsi, vorrebbe prendere tempo prima di trovarsela di fronte, ma ormai è fatta. Il malumore della donna se ne è fottuto dello scudo blindato della porta e lo ha preso a schiaffi.

«Signorina Simini, mi scusi, sono Crocco, l’amministratore».

Niente polizia, solo quel babbeo.

Un refolo d’aria in pieno volto congela il serpeggiare di una gocciolina sul sopracciglio del seccatore.

Solo lui è capace di sudare anche per respirare, e oggi l’aria è pungente. La neve ha placato il maleodorante sentore di smog. Forse è affetto da ipotiroidismo. Paolo Serra, che è an­che il suo medico curante, è stufo di prescrivergli visite specia­listiche. Sa che è ipocondriaco, ma a Crocco non garba sen­tirselo dire, non lo accetta. Gli ha appena diagnosticato la diso­smia, o meglio, cacosmia, nel suo caso. L’uomo avverte solo odori sgradevoli, reali o del tutto immaginari. Per questo ha re­darguito la portinaia obbligandola a tenere in guardiola un pro­fumatore per ambienti.

I capelli arruffati e lo sguardo stropicciato della bionda in vestaglia gli provocano un’improvvisa secchezza delle fauci e qualcos’altro.

Crocco non sa dove guardare, anche perché, data l’altezza modesta, gli occhi puntano dritti al seno di lei, aggressivo sotto la carezza di raso rosso.

Non è la solita bonazza senza sugo. Due iridi verdi indaga­no acute e con un guizzo sardonico smascherano la titubanza dell’uomo.

«A che devo questa improvvisata?» lo apostrofa spiccia.

«Mariuccia non è in portineria. La guardiola è serrata e il telefono suona senza risposta. Che nervi. Non ci si comporta così, dai! Poteva almeno avvisare. Lei ha il suo numero di cellulare? L’avevo segnato anch'io da qualche parte, ma non mi ricordo dove».

Crocco ha spiattellato il discorso a mitraglia, senza prendere fiato. Con le dita della mano sinistra impugna il mento acuto e lo sfrega in su e in giù, come pietra pomice.

«Si accomodi» l’invita Samantha allacciandosi più stretta sui fianchi la cintura di pizzo.

L’uomo accenna appena un passo e rimane tra lo zerbino e l’ingresso.

«Se aspetta un attimo lo cerco. Le dà noia se fumo? Mi ha svegliata di soprassalto e mi devo ripigliare».

Le tremano un po’ le mani, ben curate e dalle unghie smaltate di nero, mentre traffica con l’accendino. In una regge la sigaretta, con l’altra sfoglia nervosa la rubrica. Due boccate cariche di nicotina la rimettono in sintonia col mondo.

Con un’occhiata panoramica Crocco vìola indiscreto l’inti­mità di quella sala. Un plaid in pile dai colori accesi sonnecchia sulla sedia a dondolo vintage accanto alla finestra. A seguire il sofà di pelle chiara inondato di cuscini, un tappeto caucasico di pregio. La libreria in noce è zeppa di libri, ma ospita anche un televisore cinquantacinque pollici. Tutt’intorno una giungla verde di fusti, boccioli e piccoli animaletti in cartoncino colo­rato. Si era immaginato un volgare scannatoio.

«Trovato. Porca vacca, è disattivo. Parte la segreteria… Uff!»

«Ma non le ha detto niente ieri? Magari le è sfuggito un indizio a cui appigliarci. A suo avviso, stava male, era strana? Chi posso contattare per saperne di più, la madre? Non vedo l’ora di lasciarmi questa bega alle spalle».

«No, per carità, non allarmiamo nessuno. Ha solo la madre anziana che non gode di buona salute. La faremmo spaventare per niente, sempre che sia in grado di intendere, poverina. In questi giorni è in pellegrinaggio a Lourdes con l’associazione volontari. Aspettiamo almeno di capire che le è successo. Davvero, non so proprio. Anzi, ci si doveva incontrare dopo pranzo per un caffè. Incomincio a preoccuparmi». Senza volerlo si mordicchia il labbro inferiore. «Mariuccia è metodica, non lascia mai nulla alla sorte. Lei come amministratore ha una copia delle sue chiavi. Ci conviene entrare a vedere, nel caso abbia avuto un malore».

Ha le pupille dilatate, ora, e i muscoli masticatori in tensio­ne. Guizzano ritmici.

Brutto infame, le rimbomba in testa. Della portiera non ti frega niente, ti brucia il culo solo perché ti hanno messo in mezzo. Viscido e senza palle! Ormai del tutto desta, Samantha si prodiga per trovare una soluzione. Vuole rendersi utile.

Il vociare concitato sul pianerottolo richiama il dottor Pen­nato, proprietario dell’appartamento a fianco.

«Dottor Pennato, buongiorno, capita proprio a fagiolo» squittisce Crocco. Nonostante la cultura è pigro, e preferisce introdurre nei discorsi modi di dire in uso corrente.

«Signorina, dottor Crocco, i miei omaggi. Mi sono perso una riunione straordinaria di prima mattina?» ridacchia alzando di un tono la voce che gli esce in falsetto. Reclina persino la testa. Si riprende e osserva un punto nel vuoto per evitare di radiografare la donna in deshabillé. Sposato due volte, e cattolico fino al midollo, conserva un aplomb invidiabile. Anche se la carne è suscettibile.

«Giusto un consigliere…» continua Crocco. «Abbiamo un problema serio: non si trova Mariuccia. In guardiola non c’è e l’assenza risulta immotivata. Ora si pensava di dare un’occhiata nel suo appartamento, semmai si fosse sentita poco bene. Se lorsignori avessero la creanza di venire con me, mi sentirei sol­levato».

«Datemi il tempo di sistemarmi e arrivo». Samantha scom­pare tirandosi dietro la porta.

«Mi annodo la cravatta e scendo». Pennato non perde occa­sione per ribadire che la classe non è acqua.

Canzonato per i suoi capelli neri – Concetta, la badante del­l’anziana Perelli al primo piano, sospetta siano tinti, data l’età – e la barba a pizzetto con la mosca, va in azienda ingessato in rigorosi abiti grigi o blu e camicia bianca. Indossa scarpe strin­gate di pelle morbida, lucide e risuolate: la sciatteria di un uomo si nota dalle calzature poco curate, puntualizza lui.

Manca solo Paolo Serra, l’altro condomino del secondo pia­no, per fare l’en plein. Detto fatto. Eccolo spuntare, evocato.

«Che succede?» ammicca avendo sentito la voce della Sa­manthona, come la chiama lui. «Tutti mattinieri stamane» bo­fonchia sornione.

«Non vorrei fare del terrorismo psicologico, ma se si po­tesse unire a noi per entrare in casa di Mariuccia… Lei è un medico, in grado di intervenire alla bisogna».

Crocco saltella da una gamba all’altra, come un attimo prima della minzione. Anche la prostata gli causa qualche pro­blema, infatti la monitora con scrupolo.

«Intervenire per fare che? Si spieghi meglio. E Mariuccia che c’entra?»

«Non si trova».

Samantha e Aldo si riuniscono in tempo record alla spedi­zione.

«Come, non si trova? Non è certo una silfide, anzi. Ah, ah, ah! Mi è scappata la battuta» aggiunge, passandosi per vezzo una mano tra la capigliatura indisciplinata. Ricorda tanto quella di Einstein nella sua foto più nota. Un metro e ottanta di uo­mo non passa inosservato. Lo sguardo flessuoso e la fossetta sexy sul mento stridono con l’andatura da Grizzly delle grandi foreste americane. Un mix intrigante che “ispira tanto sesso” per dirla come lo avvertono le femmine che incontra.

«Sagace, la citazione mitologica» s’intrufola Pennato, «ogni tanto si incontra qualcheduno con il cervello fino. Di solito nessuno capisce la mia passione per la mitologia greca e latina. Lei, nello specifico, si è riferito a quella germanica» puntualizza tronfio il consigliere.

«C’è poco da ridere, Serra. Tentiamo di capire se è in casa senza vita. E al diavolo le citazioni».

«Eh, la miseria, Crocco! Ieri era in guardiola, gli zigomi ro­sati. Pareva in ottima salute. E se anche fosse scomparsa, non sono passate neppure ventiquattro ore. È troppo presto per inoltrare denuncia alla polizia. Comunque vi seguo».

«Finitela tutti e tre. Pensiamo piuttosto a Mariuccia» li zittisce indispettita Samantha.

Con uno scalpiccio di passi il quartetto divora le scale e si apposta davanti alla guardiola. Crocco cerca la chiave giusta tra il mazzo che ha in dotazione e apre la porta. Il fortino della custode è asettico, come sempre. Sulla console di formica nera, la vaschetta in plastica rossa per la posta in uscita e verde per quella in entrata, un portapenne in acciaio inox e un conteni­tore a forma cubica, corredato di cassettini, per raccogliere la piccola cancelleria. Nessun post-it, nessun recapito. Solo un cactus, simile a un agglomerato di batteri, e una schiera di piccoli animali in cartoncino multicolore, origami dalle fattezze geometriche. Mariuccia è all’oscuro dei principi shintoisti di questa arte, il ciclo vitale e l’accettazione della morte. Vi si de­dica con dedizione come a un passatempo che la rilassa.

La poltrona a rotelle da ufficio in similpelle nera è accomo­data sotto la scrivania. Un capello ricciuto è rimasto trattenuto sul poggiatesta, quasi a ribadire la presenza celata di chi l’ha perso. Samantha lo nota e avverte un brivido. Il ritratto incor­niciato di Sai Baba, con tanto di altarino, troneggia sfacciato sulla parete. La sua immagine benevola ha già causato il malu­more di qualche proprietario. Nessun incenso a ingraziarlo, stamattina, solo il lumino permanente, quello cimiteriale. Dav­vero strano. I bastoncini zen non mancano mai di ardere a pu­rificare l’aria con un tocco di mistica atmosfera.

«Chiediamolo a lui dov’è la sua protetta, magari ci illumina». Paolo Serra sghignazza. Non ce la fa proprio a trattenersi.

«La pianti di fare lo spiritoso e porti rispetto al santone. Manca solo ci lanci una macumba».

«Ahi, ahi, ahi, Crocco, da un uomo erudito come lei... La macumba non si pratica in Brasile? Che c’entra l’India?»

«Signorina, per favore... Ne abbiamo già di comici nel con­dominio. Piuttosto ora entriamo nell’appartamento. Signora Mariuccia, mi sente? Sono Crocco, l’amministratore. Stiamo per accedere in casa sua, non si agiti».

«Quante chiacchiere inutili. Apra e amen. Nel caso, ci scu­seremo dopo».

Pennato irrigidisce il collo. Il pomo d’Adamo, oppresso dal colletto, rimbalza su e giù. Strangolato dal nodo di seta regi­mental. Guarda di sfuggita l’orologio e sbuffa.

Samantha li precede. Con la seconda chiave apre la porta scorrevole ed entrano.

Accende l’interruttore e dal lampadario sali scendi si vaporizza una luce fioca. Osserva attenta la sala con angolo cottura del piccolo bilocale. Appare velata da ombre crepuscolari, quando invece è mattina. I mobili sono di recupero e senza fronzoli, ereditati dal portinaio uscente. Il cingalese è stato licenziato per negligenza e in contumacia, dopo che si è dileguato senza lasciare traccia.

Niente.

Samantha avanza cauta verso la camera e il bagno. Nessuna testimonianza di Mariuccia. Nessun odore macabro, solo il tipico di casa sua con un retrogusto di curcuma, sedimentatosi già prima del suo arrivo. Il mistero si infittisce.

Apre l’armadio francescano ai piedi del letto. Lo scricchio­lio dell'anta suggerisce che la cerniera possa cedere da un mo­mento all’altro.

Un puzzo chimico di naftalina ristagna acre. Dalle grucce pendono ordinate le vestagliette a fiorellini della portiera, il cardigan consunto di lana cotta, un foulard. La valigia è ancora lì, quindi non è partita. Impilate con ordine, un paio di scatole colme di biancheria personale e per la casa, due paia di scarpe ortopediche e la borsa elegante delle grandi occasioni. Se si è allontanata, lo ha fatto con quel che indossava. Il cappotto non è appeso all’attaccapanni. Solo il tic tac molesto di una sveglia preistorica scandisce l’incedere del tempo, e conferisce all’am­biente un che di sinistro.

Per lo meno se ne è andata da qui in salute, pensa sollevata Samantha, non avendo trovato il corpo riverso dell’amica. Ma dove può essere finita prima delle sette di mattina? Doveva incontrarsi con qualcuno? E se l’avessero rapita scambiandola per un’altra? E se fosse caduta tra le grinfie di un maniaco seriale che occulta i cadaveri dopo averne fatto scempio?

«Scusi, per la Mariuccia posso dire a lei?»

Crocco, soprappensiero, non si è accorto dell’arrivo di Nero, il postino, che lo sorprende alle spalle.

Nel palazzo lo hanno soprannominato così a scapito dell’aspetto ariano, la barba bionda e gli occhi cerulei. Fisico muscoloso e un viso celestiale dissacrato da una svastica tatuata sul collo, che nasconde quando presta servizio. Solo il setto nasale tumefatto denuncia la sua antica passione per la boxe. Prima di concorrere per quell’impiego alle poste si gua­dagnava da vivere sul ring. Dopo il grave infortunio, proprio in chiusura di ripresa, Nero aveva dovuto mollare. Si allena di sera per non perdere del tutto i contatti col mondo degli sport da combattimento, del sacco e dei guantoni.

Non si è pulito bene i piedi nello zerbino prima di entrare. Sulla passatoia rossa, orme di fanghiglia innevata.

«C’è da firmare per le raccomandate e ho un paio di pacchi da recapitare. Con una certa fretta, perché ho lasciato il ca­mioncino in doppia fila qua davanti e con la neve, sa, tutti sembrano fuori di testa» incalza lo statale buttando un’occhiata fulminea alla strada.

«Ma è successo qualcosa? E la Mariuccia dov’è? Mica me lo aveva detto ieri che oggi faceva sega, testina».

Allunga le braccia come un pupazzetto caricato a molla e batte le mani. Lo schiocco secco fa sobbalzare Crocco.

«Ebbè, quante domande. Lei è un postino o un commis­sario di polizia? Mi sta facendo l’interrogatorio forse? Conse­gni a me la posta e chiuda il becco, accidenti!»

Già un attimo dopo aver pronunciato quelle parole Crocco avverte una fitta intestinale. Proprio con Nero doveva sbroccare?

«Chiedo scusa, non volevo essere scortese. Lei non c’entra niente. Manca la portiera, ci sono i sacchi dell’immondizia da portar fuori e i condomini che mi pressano».

«Non si preoccupi, la capisco. Ma allora, dov’è andata? Ecco, firmi pure con il dito sul dispositivo. Gran figata questo aggeggio di ultima generazione, vero? I pacchi glieli lascio qui davanti alla guardiola? Ci pensa lei a recapitarli? Mi saluti la Mariuccia se la trova. Scappo, buondì».

La sagoma dell’amministratore traballa avanti e indietro, manco fosse ubriaco, appena disgiunta dal resto della task- force improvvisata. La testa bassa e le mani incrociate dietro la schiena, cammina tra l’ingresso della portineria e l’atrio. Illuso che ripercorrere gli stessi passi possa schiarirgli le poche ma ben confuse idee. O risolvere quel fastidioso impiccio. Due custodi su due inghiottiti dal nulla e all’improvviso. Quasi una maledizione.

La chiassosa combriccola, col suo parlottare sordo, ha rega­lato un comodo pretesto a Concetta Della Morte, la badante della signora Perelli, l’inferma del primo piano, per ficcanasare. Scende le scale con passo da australopiteco, accomodato in mocassini enormi.

Il suo arrivo non passa inosservato, pur in controluce, vista la silhouette di sostanza.

«Aggio sentito u’ burdell» improvvisa lì per lì, come a giu­stificarsi.

«Giusto lei mancava. E non parli in ostrogoto che non la capiamo» la riprende Samantha.

«Aggio lasciato la porta acchiantata, tanto Pina nun è Lazzaro che s’ aiza e cammina» seguita con tatto squisito. Fatica a imbastire un discorso in italiano. «Che è?» La curiosità la consuma.

«Ah, la Buonanima, che storia!» Crocco indica con un mo­vimento accennato del mento la portineria.

«Oh, Madonnina delle Grazie, nun me fate chiagnere!» Por­ta le mani alla bocca, stralunata. «Mariuccia se n’è ’gghiuta? Po­vera cristiana, pace all’anima sua» frigna facendosi lesta il segno di croce.

«Su, dai, un po’ sveglia, Concy. Mica è morta. Come, non lo sa che Mariuccia di cognome fa Buonanima? Proprio lei che mette il becco ovunque come una taccola» replica secca Samantha.

La pettegola incassa senza emettere un fiato.

«Mariuccia è sparita e nessuno sa nulla» puntualizza Crocco. «Torni di sopra a lavorare. Sgombriamo l’atrio, via circolare. Adesso che servirebbe la sua competenza in materia, non ha visto niente…» Che essere inutile, pensa. «Chiamerò la coope­rativa per farmi mandare un sostituto, se i consiglieri sono d’accordo. Dottor Pennato, ci pensa lei ad avvisare Massai?»

«Iamme e bell’, ja. Ce verimmo».

Concetta toglie il disturbo soddisfatta dello scoop succulento.

«Azz… Massai! È a Venezia per una personale. Aveva incaricato Mariuccia di portargli la cagnetta a fare i bisogni. Povera Regina, chissà che urgenza avrà di liberarsi» realizza Samantha.

Severino Massai o “Pennellone”, epiteto coniato per lui dai condomini, è un pittore un po’ eccentrico. L’appellativo deriva dall’orientamento sessuale ambiguo. Regina, il suo levriero. Quando è assente si occupa Mariuccia di portarla a fare i bisogni.

«Ritengo sciolta la riunione» aggiunge lapidario Crocco. Si allontana con il collo affossato tra le spalle e tutti i guai del condominio sul gobbone.

Fuori la neve cade compatta, incurante dei problemi di un amministratore sfigato. Speriamo non attecchisca, altrimenti gli tocca pure spalarla, come da contratto. Intanto dovrà procu­rarsi il sale per evitare che ghiacci. L’ha sempre odiata, fin da bambino. I suoi compagni, invece, gioivano nel sentirsela ad­dosso, fresca e umida. Si tiravano palle friabili o l’ammucchia­vano per sagomare raccapriccianti pupazzi. Lo aveva svelato al suo analista, ma non ne aveva tratto giovamento. Da Jung a Freud, di male in peggio.

La sua idiosincrasia per la neve rivela un profondo isola­mento e denuncia carenza di energia vitale per affrontare i problemi. La simbologia sessuale legata all’evento climatico lo inchioda, bloccato nell’eros. Per reprimere i propri istinti s’impedisce di godere. E ancora angoscia, solitudine.

Al diavolo Mariuccia e questo tempo inclemente.